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Amor ch'a nullo amato perdona...

Il verso probabilmente più noto della Divina Commedia ha forse dato vita ad uno dei più tenaci equivoci della Storia della Letteratura, se è vero che esso dura da più di sette secoli: l’amore che assicura a chi ama di essere riamato! 

Come poteva il genio di Dante esprimere una così sciocca sentenza? Non convincono certo i riferimenti al trattato di Andrea Cappellano. La lingua non ha le caratteristiche della matematica, è per sua natura ambigua, polisemica, non solo per la pluralità dei significati che un vocabolario attribuisce a molti dei singoli lemmi, quanto, se non soprattutto, per la varietà di senso cui danno luogo le associazioni delle parole. 

Non a caso, le moderne esigenze dell’informatica hanno portato al moltiplicarsi delle ricerche per la messa a punto dei programmi di gestione del testo linguistico, in relazione ai problemi generati dall’ambiguità semantica. 

Questa norma di reciprocità e reversibilità sarà un principio cardine dell’amore cortese del XII secolo e varrà nelle teorie degli scrittori religiosi medioevali come argomento per dimostrare la necessità di amare Dio con l’amore che Dio nutre per tutti gli uomini; diverrà poi in Dante il simbolo del tragico amore di Francesca: “amor ch’a nullo amato amar perdona”, amore che non consente che chi è amato non riami». 

L' appellarsi di Francesca alla forza irresistibile dell’amore senza alcun accenno al pentimento, che cerchi discolpa o comprensione, evidenzia che il pietoso” ascolto non può essere quindi indulgente: la sua è sempre, sarà sempre, un’umana comprensione, mai un avallo, in un tragitto di redenzione proteso all’affrancamento dagli affetti umani verso l’amor che move il sole e l’altre stelle. 

E se la carnalità è passione di cui l’Alighieri conosce la prepotenza, la vertigine, addirittura, sia pure nella “pietà” (e caddi come corpo morto cade), egli “cadrebbe” davvero in un’insanabile, incomprensibile contraddizione.

Approfondiamo allora le citazioni prese in esame:

 - Amor nihil posset amori denegare: l’amore non può negare nulla all’amore.

Il volgarizzamento” fiorentino, conosciuto come traduzione romana per la sede in cui è custodito (la Vaticana), traduce: l’amante lievemente non può distorre a l’altro nulla… Già sorge il dubbio: vorrà davvero il Cappellano significare quello che Dante dovrebbe ripetere e che a nostro parere nessuno dei due proprio dichiara? Per di più la proposizione ha una struttura che richiama il principio di non contraddizione: l’amore non può negare se stesso, non può essere non-amore.

-  Non è nullo che, sentendosi che sia amato da alcuno, ch’egli non sia tratto ad amar lui incontanente (Fra Giordano da Pisa); naturalmente l’anima è tratta ad amare quello da cui sé vede essere amata (Santa Caterina).

Aggiungiamo poi che Francesca è più realista del re: nell’indicare la bellezza come causa dell’amore nato fra lei e Paolo, senza saperlo, lei, che ha velleità di donna colta, colloca se stessa, stando proprio al Cappellano, fra i “semplici”, gli “indotti. Perché Dante avrebbe scelto per Francesca di ritenere l’attrazione fisica quale “prima radice” dell’amore colpevole (prese costui de la bella persona), quando nel Cappellano si considera chiaramente anche l’amore verso cui tende la virtù d’animo? Evidentemente per rimarcare la condizione di peccatrice dannata dell’amante di Paolo. 

Non è quindi nemmeno necessario pensare, Dante affidi ai discorsi e ai comportamenti di una donna come questa il compito di esemplificare le colpe etiche e culturali della civiltà cortese o quanto meno della sua letteratura o, più correttamente, che Dante, attraverso Francesca, intenda esemplificare un modo distorto di leggere quei testi, che la sua, cioè, non sia una critica all’ideologia dell’amore cortese, ma alla ricezione che certi ambienti sociali al suo tempo ne facevano. Infatti il Cappellano è ben attento a lasciare “alla persona amata la libertà di non riamare chi lo (o la) ama. 

La sofisticazione della dottrina di Andrea non poteva essere più disinvolta, soprattutto laddove si fa esplicito riferimento all’‘arbitrio’ della persona amata (nella fattispecie della donna)”. Ne conclude che di quel dialogo Francesca è “cattiva o interessata lettrice”.

Testi consultati:
- Cantu', C, Studio della Commedia dantesca. Milano: Mondadori, 2004;
- Lodes, A. Viaggio ultraterreno. Lima: C&C 2017

Prof. Alessio Lodes
Pordenone (Italia)
email: prof_biblio_lodesal@yahoo.com