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Cosa sono i social media?

Molti degli studi precedenti sui social media sono dedicati a piattaforme specifiche, inclusi libri e articoli su una sola particolare piattaforma, come Facebook o Twitter. È ovviamente importante studiare per esempio Twitter, in quanto piattaforma: l’azienda proprietaria, il modo in cui funziona e la sua particolarità di social media basato su messaggi che devono restare sotto i 140 caratteri. Da una prospettiva antropologica, tuttavia, se ci chiediamo che cosa concretamente sia Twitter ha più senso concentrarsi sui milioni di tweet, sui generi predominanti, sulle differenze regionali e sulle conseguenze emotive e sociali che ha per gli utenti. È il contenuto, e non la piattaforma, che assume maggiore significato quando si arriva a chiedersi perché i social media hanno importanza. Come risulterà nelle nostre singole etnografie dei social media in tutto il mondo, tipi di contenuto si spostano con grande facilità fra piattaforme molto diverse, essendo visibili un anno su Orkut e il successivo su Facebook, un anno su BBM e il successivo su Twitter. Le piattaforme come Facebook hanno spesso cambiato esse stesse funzionalità, sviluppando o aggiungendo nuove caratteristiche. Questo progetto di ricerca, dunque, non è uno studio delle piattaforme, ma uno studio di ciò che le persone postano e comunicano attraverso le piattaforme, del perché postiamo e delle conseguenze di queste attività. 

Il contenuto mostra e trasforma relazioni e argomenti locali. Il nostro studio pertanto ha riguardato sia il modo in cui il mondo ha cambiato i social media sia come i social media hanno cambiato il mondo. Chiaramente non si tratta di un processo del tutto unidirezionale. Queste tecnologie hanno cambiato noi stessi. Ci hanno offerto un potenziale per comunicare e interagire che prima non avevamo. È necessario prima di tutto definire con chiarezza quali sono queste potenzialità e poi esaminare che cosa il mondo ha successivamente fatto con tali possibilità. È più facile capire che cosa sono i social media se andiamo indietro nel tempo quando non esistevano. Quindi riavvolgiamo il nastro attraverso Snapchat e Tinder, passati Facebook e QQ, attraverso MySpace e Friendster fino alla vita prima di tutto ciò. Prima di tutte queste tecnologie, c’erano due modi principali mediante i quali le persone comunicavano tramite media. Un modo era quello dei media a diffusione pubblica, come la televisione, la radio e i giornali. Tali media consentivano pressoché a chiunque, a condizione che avesse ottenuto l’accesso a essi, di essere parte del pubblico. Le stazioni emittenti non hanno controllo diretto su chi costituisce il loro pubblico, benché possano cercare di convincere le persone a unirsi a loro. Disponibili da un bel po’ di tempo sono anche i media che consentivano la comunicazione privata fra due persone nella forma di conversazioni uno-a-uno, per esempio una conversazione telefonica, definita anche comunicazione “diadica”. Le persone si potevano incontrare in gruppi faccia a faccia, ma era insolito creare interazioni di gruppo dentro media come il telefono. Con lo sviluppo di internet, questa polarizzazione tra media pubblici e privati ha iniziato a cambiare. Si poteva mandare una e-mail a un gruppo. C’erano i BBS (Bullettin Board Systems), i forum specializzati, le chat room e i blogging, che coinvolgevano pubblici più ampi, così come altri media di gruppo come le CB radio. Nondimeno, la maggior parte della comunicazione quotidiana attraverso i media rimaneva dominata dalle due forme principali, trasmissione pubblica e comunicazione diadica privata. L’iniziale sviluppo dei siti per la costruzione di reti sociali consistette, in effetti, in una graduale riduzione della trasmissione pubblica fino a diventare trasmissione di messaggi da parte di individui indirizzata a gruppi. Di solito tali gruppi includevano non più di poche centinaia di persone. Inoltre le persone che componevano questi gruppi interagivano fra loro, per esempio commentando i commenti degli altri. Allo stesso tempo si consolidava lo sviluppo dei servizi di messaggistica e di internet tipo SMS e AOL. Questi si svilupparono ulteriormente con l’avvento dello smartphone, in particolare di Blackberry Messenger (BBM), la piattaforma di messaggistica brevettata per i telefoni Blackberry; il suo impatto globale è stato in genere notevolmente sottostimato e ha precorso WhatsApp. Tali servizi presero la messaggistica privata e la elevarono di livello includendovi varie funzioni di gruppo. Questa tendenza si è consolidata nel corso degli ultimi tre anni con il sorgere particolarmente repentino di piattaforme come WhatsApp e WeChat. Si tende a utilizzare queste ultime per creare gruppi più piccoli, più riservati rispetto a quelli di QQ o Facebook, di solito intorno alle 20 persone o anche meno. Inoltre possono non essere centrate su un qualsivoglia individuo, in genere tutti i partecipanti hanno la possibilità di postare allo stesso modo, si tratta di gruppi e non del network di una persona, quale che sia. Sono particolarmente importanti dato che per i giovani tale comunicazione testuale ha largamente sostituito l’uso vocale del telefono. Definire in modo chiaro che cosa sono i social media solo in base alle piattaforme che al momento presente esistono è limitante. Affinché la nostra definizione e il nostro approccio siano fondati dobbiamo considerare le nuove piattaforme di social media che vengono costantemente sviluppate, così come la probabilità che alcune diverranno quelle di maggior successo in futuro. È utile iniziare a scorgere un modello ricorrente nelle modalità in cui emergono nuove forme di social media. Alcune di queste piattaforme sono derivate da una graduale riduzione della trasmissione pubblica, mentre altre da un graduale allargamento della comunicazione privata. Con l’aggiunta di nuove piattaforme in futuro, è probabile che si arrivi a un esito per cui di fatto si crea una certa gradualità tra il privato e il pubblico, lungo la quale si possono collocare queste piattaforme. Possiamo individuare due scale chiave. La prima è la scala che va dal più privato al più pubblico. La seconda è la scala dal gruppo più ristretto al gruppo più largo. A un estremo di entrambe queste scale vediamo ancora la conversazione privata a due e all’altro estremo vediamo ancora la diffusione totalmente pubblica. Che cos’è che si va facendo graduale? Il nucleo dello studio delle scienze sociali è il modo in cui le persone si legano le une alle altre per formare relazioni sociali e società. Ciò si chiama socialità. Il miglior modo per definire quelli che sono comunemente chiamati social media, includendo anche i media precedenti, sta dunque nel descrivere la nuova situazione come una sempre più netta “socialità modulabile” In un lavoro precedente, insieme a Madianou, Miller ha sviluppato un approccio detto “polimediale”, che riconosce che nessuna di queste piattaforme può essere correttamente compresa se considerata da sola, perché il significato e l’uso di ciascuna è in relazione alle altre. In precedenza si sarebbe potuto ipotizzare che il costo o l’accessibilità spiegassero perché gli utenti avessero scelto alcuni media o piattaforme piuttosto che altri. Oggi, tuttavia, le persone sembrano sempre più libere di scegliere fra queste piattaforme, e quindi si possono fare delle valutazioni sulla base delle loro scelte. Per esempio, i figli che vivono all’estero e che vogliono dire ai loro genitori con il dovuto garbo qualcosa che non farà loro piacere, come un nuovo tatuaggio o la necessità di più soldi, potrebbero per quel motivo evitare un medium che contenga un elemento visivo o uno che consenta a una persona di rispondere immediatamente – forse, dato il caso, arrabbiandosi. Grazie alla polimedialità, le persone possono anche impostare differenti tipi di socialità in base alla diversità delle loro piattaforme di social media. Nel caso di questi studenti, possiamo mettere al primo posto la continuità della comunicazione a due, il messaggio o la telefonata per parlare in privato con qualcun altro come il loro Bestie o BBF (Best Friend Forever). Subito dopo viene Snapchat che, poiché spesso include elementi come fotografie particolarmente orribili del viso di qualcuno, si basa sulla fiducia. In effetti, può essere usato per stabilire e mantenere la fiducia entro un gruppo ristretto. Il passo successivo è fatto di gruppi creati su WhatsApp. Tipicamente, la classe scolastica avrà un gruppo di WhatsApp che include tutti i ragazzi che potranno parlare delle ragazze (o viceversa). Ce ne potrebbe essere un altro che include tutta la classe. I tweet sono in grado di raggiungere un gruppo ancora più largo, dato che arrivano a tutti coloro che seguono un individuo su Twitter. Questo è il principale sito delle prese in giro tra studenti, e può includere anche studenti di altre classi. Oltre la classe c’è Facebook, maggiormente usato da questi studenti per mantenere il loro legame con la famiglia, con i vicini e altri al di fuori della scuola. Infine abbiamo Instagram, dove ogni cerchia sociale di uno studente spesso è formata dagli studenti stessi della scuola. Tuttavia, è anche l’unico sito dove i ragazzi accolgono estranei, perché il contatto mostra che qualcuno che i ragazzi non conoscono ha apprezzato le qualità estetiche dell’immagine che hanno postato su Instagram.

L’uso dei social media da parte degli scolari inglesi dimostra la socialità modulabile nel fatto che ciascuna piattaforma corrisponde a una posizione di maggiore o minore privacy e a gruppi più stretti o più larghi. Non ci sono regole oltre queste. I gruppi e le piattaforme si possono sovrapporre, ma per lo più troviamo piattaforme legate a generi specifici di comunicazione che le persone ritengono adatte al gruppo coinvolto tramite quella particolare piattaforma. Nel caso degli scolari, le differenze fra le piattaforme sono state usate per illustrare questo principio. In ogni caso, la socialità modulabile può esistere esattamente allo stesso modo dentro una singola piattaforma. Qualcuno può postare un commento o un’immagine sul proprio social media, ma questi post avranno senso soltanto per le persone che gli sono vicine, che capiscono a che cosa ci si riferisce. Altri possono stare nello stesso sito, ma non ne afferrano il significato – e per questo sono esclusi nonostante la loro presenza sulla stessa piattaforma. Abbiamo iniziato con questo esempio di socialità modulabile al fine di introdurre la questione della definizione di social media. Per quanto le definizioni possano essere utili, non sono in ogni caso l’obiettivo ultimo di questo progetto. Tramite le nostre dieci questioni chiave, ciascuna delle quali forma un capitolo di questo libro, esaminiamo la reale ampiezza dei contesti entro i quali i social media attualmente giocano un ruolo rilevante: dall’importanza crescente della comunicazione visiva in opposizione a quella testuale fino all’impatto dei social sull’istruzione e se l’uguaglianza online influenzi la disuguaglianza offline. Le piattaforme restano al centro della nostra analisi dato che queste sono le unità primarie attraverso le quali noi pensiamo e usiamo i social media. Eppure è necessario essere cauti nel presumere che ci siano proprietà delle piattaforme responsabili per le associazioni che osserviamo nelle piattaforme stesse, o che in un certo senso le causano. Gli studenti offrono prove del perché non dovremmo inferire cause semplicemente dall’associazione. In primo luogo il modo in cui usano Twitter, prevalentemente per prendersi in giro, contrasta nettamente con il modo in cui lo usano gli adulti, primariamente come una fonte di notizie. Qual è il “vero” Twitter, quello usato per informarsi o quello usato per prendersi in giro? Per di più, questo canzonarsi scolastico era solito svolgersi su BBM; poi si è spostato su Facebook e ora è quasi interamente su Twitter. Questo suggerisce che un genere di interazione può restare nettamente stabile anche se migra tra piattaforme che si suppongono molto diverse. Un tale esempio, qualora supportato da altri nei loro studi, suggerirebbe che la piattaforma è sorprendentemente irrilevante per spiegare perché e come le persone usano i social media. Essa fornisce il posto, ma non la causa né la spiegazione. Nel momento in cui si considerano tutti e nove i campi di ricerca ci si rende conto subito che in ogni regione ogni nuova piattaforma per social media si standardizza velocemente su gruppi molto specifici di utenti e implicitamente se ne comprende l’uso appropriato e inappropriato, benché questi continueranno a cambiare. Di nuovo la differenziazione dei gruppi potrebbe accadere all’interno della stessa piattaforma o attraverso il contrasto fra piattaforme. Per esempio, nel 2014-15 c’era la tendenza in diversi dei nostri campi di ricerca a diversificare le piattaforme più visibili al pubblico come Facebook o QQ dalle piattaforme più private come WhatsApp/WeChat. Il modo in cui nuove forme di social si dispongano sopra precedenti gruppi sociali, o invece creino nuovi gruppi varia considerevolmente da un campo all’altro. Nel nostro campo di ricerca in India del Sud, per esempio, i gruppi che si sono legati attorno ai social media sono per lo più unità sociali tradizionali come la famiglia o la casta. Al contrario, nel campo di ricerca nella Cina industriale la popolazione fluttuante di lavoratori migranti ha largamente perso la propria tradizionale forma di socialità, e in effetti crea gruppi sociali adatti a una nuova vita trascorsa spostandosi di città in città.

La loro vita sociale più stabile è davvero sui social e non offline. In alcuni casi, le piattaforme più private hanno radicalmente cambiato le vite delle persone, come nel nostro campo di ricerca nella Turchia del Sudest in cui ragazze e ragazzi possono più facilmente conversare fra loro. Analogamente nel nostro campo in Cile la maggior parte delle persone usa postare pubblicamente a sostegno della propria comunità locale, di cui considera i valori in contrasto con quelli più metropolitani della capitale. Più dettagli su tutte queste affermazioni si troveranno nel seguito di questo libro. Altri due punti inoltre dovrebbero essere chiari. All’inizio dello studio di internet si è comunemente parlato di due mondi: il virtuale e il reale. Oggi è decisamente evidente che tale distinzione non esiste – l’online è tanto reale esattamente quanto l’offline. I social media sono diventati già parte integrante della vita quotidiana a tal punto che non ha senso considerarli separati. Analogamente nessuno oggi riterrebbe una conversazione telefonica come qualcosa che si svolge in un mondo separato della “vita reale”. È diventato evidente anche che la ricerca sui social non riguarda più il particolare ambito dei media o quello della comunicazione. La nostra ricerca presenta prove del fatto che i social media dovrebbero essere considerati piuttosto come un luogo dove molti di noi passano parte delle proprie vite. Ne consegue che quello dei social media è uno studio tanto della socialità quanto della comunicazione. Gran parte di questo libro non è sui media, e neanche sulla socialità modulabile. È sui social media come un altro posto in cui le persone vivono, accanto alla loro vita in ufficio, a casa, e nella comunità di appartenenza. Se abbiamo qui definito l’espressione “social media”, che dire di “mondo”? È chiaro che non possiamo studiare il mondo o il “globale” nella sua interezza. Ma possiamo ambire a studiare un numero sufficiente di contesti che ci consenta di produrre affermazioni sulla diversità e sulla generalità in tutto il mondo. I contenuti di questo libro sono basati sulle ricerche di nove antropologi, ciascuno dei quali ha trascorso 15 mesi osservando l’uso e le conseguenze dei social media in un particolare contesto. Il carattere unico di questo libro è che esso è quasi del tutto comparativo. Una breve sintesi dei nove campi di ricerca è disponibile in appendice. Infine, vorremmo collocare queste tematiche nei termini di un approccio sviluppato da Miller e Sinanan chiamato “teoria dell’acquisizione”. Come vedremo in relazione ai dieci grandi temi considerati in questo volume, le nuove tecnologie sono spesso accompagnate da una sorta di panico morale, di frequente alimentato dal giornalismo, che spinge a pensare che la conseguenza di queste tecnologie sia la perdita di alcuni elementi essenziali della nostra autentica umanità. Tali paure, per esempio, includono l’idea che la comunicazione faccia a faccia sia più ricca o meno mediata della comunicazione che impiega le tecnologie digitali, o che stiamo perdendo capacità cognitive come la durata dell’attenzione a lungo termine. Queste reazioni alla tecnologia sono state comuni sin da quando Platone sostenne che l’invenzione della scrittura avrebbe danneggiato la nostra capacità di memoria. Allo stesso tempo altri hanno una visione utopistica secondo cui le nuove tecnologie ci renderebbero in una certa maniera post-umani. La nostra teoria dell’acquisizione sostiene che queste tecnologie non creano differenze di qualsivoglia natura nella nostra essenziale umanità. Il sociologo Goffman ha mostrato in modo convincente che tutta la comunicazione e la socialità si collocano all’interno di generi culturali, inclusa la comunicazione faccia a faccia. Non esiste una cosa come la socialità o la comunicazione non mediata o pre- o non culturale. Al contrario, sarebbe importante riconoscere che qualsiasi cosa facciamo con le nuove tecnologie deve essere latente nella nostra umanità, ovvero qualcosa che, in quanto esseri umani, abbiamo sempre avuto la potenzialità di fare e di essere. Tale abilità è oggi acquisita come un risultato delle nuove tecnologie. Questa teoria non pretende di giudicare se ogni nuova capacità di inviare meme o selfie mediante i social, per esempio, sia buona o cattiva, ma soltanto di riconoscere che questo oggi è semplicemente diventato parte di ciò che gli esseri umani possono fare, come guidare un’automobile.

Testi consultati:

-  Aarsand, P.A. 2008. «Frame switches and identity performances: alternating between online and offline», Text & Talk 28(2): 147-165; 
-  Adorno, T.W., Horkheimer, M. 2002. Dialectic of Enlightenment. Stanford, CA: Stanford University Press. Adorno, T.W. 1991. «Free time», in Bernstein, J.M., ed. The Culture Industry: Selected essays on mass culture, 162-170;
-  Boase, J., Wellman, B. 2006. «Personal Relationships: On and Off the Internet», in Perlman, D., Vangelisti, A., eds. Handbook of Personal Relations. Cambridge: Cambridge University Press;
-  Yan, Y. 1996. The Flow of Gifts: Reciprocity and Social Networks in a Chinese Village. Stanford, CA: Stanford University Press. Zelizer, V. 2011. Economic Lives. Princeton, NJ: Princeton University Press; - Zickuhr, K. 2013. Who’s Not Online and Why. Washington DC: Pew Research Center’s Internet & American Life Project.

Prof. Alessio Lodes
Pordenone (Italia)
email: prof_bilio_lodesal@yahoo.com