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Tempo sacro e tempo profano

Nel mondo occidentale spesso ci si dimentica che per entrare nello spazio/tempo sacro occorre uscire dallo spazio/tempo comune o profano. 

Il vocabolo profano in senso etimologico deriva dal latino “fanum” e significa “tempio” dove si va a incontrare la divinità. “Profano” significa pertanto “fuori del tempio” ossia tutto ciò che formalmente non appartiene all’ incontro con la divinità. 

Una delle frasi sul tempo che mi ha colpito di più risale a circa 15 anni fa quando è scoppiata la guerra in Afganistan e, in un'intervista, un talebano disse queste semplici parole: “Gli Occidentali hanno gli orologi, mentre noi abbiamo il tempo”. 

E' una frase incredibile perché in essa è già evidente chi detiene la vittoria. Infatti chi ha il tempo, chi non si preoccupa dell'attimo fuggente, ma riesce a gettare il proprio pensiero al di là dei confini temporali, è colui che in realtà ha in mano la vittoria. 

Quello che noi abbiamo fatto nella storia è stato di distruggere il concetto di tempo, nella convinzione di distruggere la morte. Per cui, dilatando lo spazio, si è cercato un escamotage, ma prima o poi la grande Dama Nera con la falce arriva per tutti. Che siano vescovi, cardinali, ricchi o povera gente, tutti – la Morte – li porta via. Ma in fin dei conti questo è il nostro tentativo, quello di allontanare il Tempo per evitare la Morte, un tentativo che si ritrova in tutto il mondo. Anche del mondo contadino, ma perseguito con più rassegnazione, perché con la morte si conviveva quotidianamente. 

Qualche tempo fa al museo etnografico di Budapest ho visto delle foto dell’inizio del ‘900 con dei bambini morti. Allora, mi raccontavano, la morte di un bambino non era un evento tragico, per nessuno: ne morivano così tanti e la mortalità era così elevata che si pensava che di bambini se ne sarebbero messi al mondo altri. E questo faceva parte del grande gioco della vita. Più di altri, i contadini di montagna hanno convissuto con la morte, per cui il tempo veniva utilizzato e vissuto attraverso il filtro della morte.

In un famoso libro di Jacques Le Goff si parla del tempo della Chiesa e del tempo del mercante, due tempi che coesistono nella storia a partire dal medioevo. C'è quindi il tempo, quello del mercante, scandito cronologicamente perché alla fine del mese la cambiale deve essere pagata, altrimenti l'economia non va avanti. Questo tempo non è quello del sacro. La Chiesa ha fatto di tutto per distruggere il tempo sacro a favore del tempo religioso, che è cosa diversa. 

Faccio un esempio a livello artistico: molti pensano che la grande arte sacra muoia con l'avvento del gotico, in pratica con l'arte romanica. La Chiesa di Monte Maria (Marienberg), in Val Venosta, presenta la pittura romanico-bizantina molto legata al tempo, anzi lo scandisce, perché la visione di questa cappella si gusta pienamente al sorgere del sole. 

Parlando delle chiese orientate astronomicamente, Marienberg custodisce una di quelle cripte perfettamente orientate, in modo che in primavera, con l'equinozio, il sole entra dalla monofora orientale incendiando il soffitto formato da migliaia di lapislazzuli per ottenere il celeste. Ebbene, i raggi di sole “incendiano” la volta. Così gli angeli evanescenti, di chiara origine bizantina, sembrano qualcosa di etereo, e in quel contesto si percepisce il sacro, si viene avvolti daesso. Le chiese, le cappelle rappresentavano concezioni di altri tempi.

Pensiamo alle dodici notti che scandiscono il tempo da Natale all'Epifania: sono le notti del ter- rore, della paura, ricche di riti apotropaici. Anche l'arrivo dei re Magi è, in fin dei conti, un atto pagano, perché è la magia della parola scritta sulle porte (K-M-B) che tiene lontano il male. Se andate in val di Fassa c'è tutto un rito particolare: il padrone andava nella stalla col fumo, con la famiglia al seguito che recitava le preghiere, per tenere lontano il male dalle bestie e dalla casa. In alcuni luoghi, in certi masi del Sudtirolo, questo rituale è ancora presente. 

Chi ha distrutto il concetto di tempo sacro e anche di opera sacra è stato il Rinascimento. Esso, pone l’uomo al centro del mondo, facendo della misura umana il parametro dell’architettura, per cui la chiesa di S. Spirito a Firenze, la chiesa di S. Maria degli Angeli, ecc. sono fatte moltiplicando la misura aurea di 1,6180. 

In questo modo però le opere di Michelangelo e di altri artisti rinascimentali non fanno arte sacra, ma arte religiosa. Invece in una chiesa ortodossa l'altare non si vede: c'è l'iconostasi che chiude il tutto e che viene aperta solo in certi momenti del rito liturgico, perché il sacro, per sua stessa natura, non si può vedere. Anche gli psicanalisti sostengono che la sparizione del senso del mistero nella nostra società ha lasciato un vuoto. L’uomo, conoscendosi e conoscendo il mondo, ha aumentato i dati scientifici ma ha perso il mistero, il sacro.

Per l’età moderna sono due i principali simboli religiosi della concezione del tempo: la clessidra e il teschio. Nel cimitero vecchio di Bressanone, sulle lapidi di cardinali, prelati ecc., si trova una straordinaria raccolta iconografica di clessidre e di teschi. E' il “memento mori”, la morte che viene rappresentata in tutti i cimiteri sulle pietre tombali dei ricchi ma non su quelle dei contadini. Tra l'altro i ricchi si facevano seppellire nella terra sacra, cioè dentro le chiese, sperando così di raggiungere prima il paradiso. Su queste lapidi si possono leggere tantissime cose ma su tutte è rappresentato il tempo della morte: la clessidra indica che il tempo passa per tutti e che prima o poi ciascuno deve fare i conti con la Dama Nera. Lo stesso significato ha il serpente che si attorciglia. 

Testi consultati:

- De Salvo, L. Tempo sacro e tempo profano. Visione laica e visione cristiana del tempo della storia. Torino: Rubettino, 2002;

- Le Goff, J. Il medioevo raccontato. Milano: Laterza, 2015.
 
Prof. Alessio Lodes
Pordenone (Italia)
prof_biblio_lodesal@yahoo.com