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Bullismo

di Prof. Alessio Lodes

La stampa, la televisione, la politica e le istituzioni attualmente stanno rivolgendo particolare attenzione ad un tema che fino a qualche decennio fa era ad esclusivo appannaggio della letteratura scientifica di settore. Stiamo parlando del bullismo, fenomeno sempre esistito, ma che nella società odierna sta assumendo delle dimensioni inimmaginate. Con cadenza quotidiana siamo tragicamente informati dai media di atti di prepotenza compiuti da ragazzi e ragazze verso i loro coetanei, in un crescendo di gravità, quasi a conferma di quello stereotipo ormai tanto comune da essere divenuto un mantra della nostra società: “i giovani sono senza valori e senza regole”. In realtà, più che sullo stabilire le colpe, ci si dovrebbe occupare di trovare soluzioni efficaci, se non per risolvere, almeno per arginare il problema e soprattutto si dovrebbe tener conto della complessità del fenomeno bullismo, la cui portata non si esaurisce nell’atto in sè, ma coinvolge tutta una serie di attori e contesti che vanno dal bullo alla vittima, fino alla famiglia e, non per ultima, la scuola. Per questo, l’utilizzo dei modelli multicausali di spiegazione, che valutino le caratteristiche individuali dei soggetti coinvolti e quelle dell’ambiente in cui vivono, interagiscono e crescono, è sicuramente il più adeguato nel caso di questo fenomeno. Il bullismo è una particolare forma di comportamento aggressivo che si sviluppa in maniera peculiare in contesti gruppali, infatti è soprattutto, un fenomeno di gruppo all’interno del quale giocano un ruolo decisivo non solo i bulli e le vittime ma anche tutti quei soggetti che sembrano non coinvolti o che sono sostenitori degli uni o degli altri. 

Inoltre, in quanto fenomeno collettivo, non può prescindere dal contesto nel quale viene agito con più frequenza, ovvero la scuola. Sulla base di queste premesse, è andato pertanto a determinarsi il disegno complessivo dell’indagine che segue, articolatosi secondo cinque fasi distinte: ricognizione della letteratura nazionale ed internazionale, diacronica e sincronica, in materia di bullismo; analisi e approfondimento delle procedure e degli esiti delle indagini scientifiche di settore, nazionali e internazionali; definizione del campo d’indagine e individuazione degli strumenti da utilizzare e delle scuole-campione; somministrazione degli strumenti, analisi dei dati e interpretazione dei risultati. 

Nella società moderna il tema del bullismo ha assunto proporzioni sconcertanti, quasi con cadenza giornaliera la cronaca ci presenta casi di prevaricazione e violenza che coinvolgono bambini sempre più piccoli ma, anche se è vero che tale fenomeno tende a precocizzarsi, è altrettanto vero che assume forme estremamente gravi in età più avanzate, con punte di incidenza a sette, tredici e quattordici anni.

Nonostante la maggiore attenzione, in vari contesti, che attualmente viene rivolta al fenomeno del bullismo, persiste ancora una gran confusione intorno a tale problematica. Per cercare di comprendere cosa si intende quando si parla di bullismo è fondamentale partire dal presupposto che tale fenomeno si caratterizza come complesso, dunque, necessita, non di soluzioni deterministiche, ma di modelli multicausali di spiegazione che valutino le caratteristiche individuali dei soggetti coinvolti e quelle dell’ambiente in cui vivono, interagiscono e crescono.

Il vocabolo bullismo, spesso abusato e talvolta travisato, deriva dall’inglese “bullying” e viene usato nella letteratura internazionale per connotare il fenomeno delle prepotenze tra pari in un contesto di gruppo (citerei da dove hai preso definizione). Tra la fine degli anni Sessanta e gli inizi degli anni Settanta i lavori pionieristici di Heinemann (1969) e Olweus (1973) rilevarono un’elevata presenza di comportamenti bullistici in molte scuole scandinave, inducendo l’opinione pubblica a prestarvi attenzione, ma soprattutto ad acquisire consapevolezza della pericolosità di tali comportamenti.

È proprio Olweus (1973) che, per primo, riesce a dare una definizione al fenomeno, affermando che: “uno studente è oggetto di azioni di bullismo, ovvero è prevaricato e vittimizzato, quando viene esposto, ripetutamente nel corso del tempo, ad azioni offensive messe in atto da parte di uno o più compagni”. Le definizioni che si sono succedute negli anni hanno aggiunto ulteriori particolari, ad esempio Björkqvist e collaboratori hanno enfatizzato la disparità di potere e la natura sociale del bullismo; Besag (1989) ha sottolineato la sistematicità e la durata nel tempo dell’azione aggressiva e l’intenzionalità nel causare il danno alla vittima; Sullivan (2000), infine, parla di abuso di potere premeditato e diretto verso uno o più soggetti. Il bullismo fa parte della più ampia classe dei comportamenti aggressivi, può essere presente durante tutto l’arco di vita dell’individuo e assumere forme diverse a seconda dell’età ma è sempre caratterizzato da alcune costanti che lo definiscono in maniera peculiare: intenzionalità, persistenza e squilibrio di potere. L’intenzionalità sta a significare che il comportamento di prevaricazione è messo in atto consapevolmente e volontariamente dal bullo con la precisa intenzione di arrecare un danno alla vittima; la persistenza, invece, sta ad indicare che le azioni offensive non sono sporadiche o isolate, ma si ripetono nel tempo. Entrambi questi elementi caratterizzano il comportamento di chi compie l’azione, mentre, al contrario, lo squilibrio di potere è emblematico della situazione nella sua interezza, infatti, sottende una asimmetria della relazione derivante da una diversa forza fisica o da un maggiore prestigio sociale, familiare e intellettivo degli attori.

Solitamente i soprusi si verificano nei contesti in cui i giovani trascorrono più tempo a contatto tra loro, come per esempio all’interno della scuola o nelle zone ad essa limitrofe; è proprio negli spazi aperti dell’istituto o nei corridoi che con maggiore frequenza si registrano tali dinamiche aggressive, infatti, in questi luoghi, i ragazzi sono meno soggetti agli sguardi degli adulti e quindi al loro controllo. Non a caso, nel nostro Paese, la maggior parte dei comportamenti di bullismo si riscontrano nei momenti precedenti l’ingresso a scuola o in quelli successivi all’uscita dall’istituto, ma anche nella pausa ricreativa, ovvero in tutti quei frangenti temporali caratterizzati dall’assenza del controllo adulto. In linea generale sono identificabili tre tipologie di comportamento aggressivo, ossia, aggressività fisica, verbale e relazionale (indiretta), a cui sono sovrapponibili le modalità dirette e le modalità indirette con cui si presentano i comportamenti di bullismo.

Le prime sono manifestazioni più “visibili” di prevaricazione e comprendono modalità di tipo fisico e probabilmente sono l’esempio tipico del fenomeno (colpire con pugni o calci qualcuno, appropriarsi o rovinare i suoi effetti personali), o verbale, che solitamente risulta la modalità più frequente (minacciare, offendere, deridere qualcuno). Le seconde, invece, sono nascoste e per questo la loro natura è più subdola e di difficile evidenza, i soggetti che le attuano tendono, attraverso prepotenza e/o violenza psicologica, a diffondere pettegolezzi, chiacchiere negative, ad escludere, ghettizzare o isolare la vittima. Queste forme di bullismo cambiano anche a seconda dell’età e del sesso dei soggetti coinvolti, infatti, mentre le ragazze mettono prioritariamente in atto comportamenti indiretti di esclusione, i maschi prediligono la violenza fisica, considerata più dannosa di una semplice diceria. Le differenze esistenti tra i sessi si esplicano anche nel modo di sperimentare le prepotenze: le vittime di genere femminile reagiscono al sopruso con tristezza e depressione, emozioni totalmente opposte caratterizzano i soggetti di sesso maschile che generalmente esperiscono sentimenti di rabbia. Inoltre, mentre le ragazze tendenzialmente denunciano le prepotenze subite e, se spettatrici di episodi di bullismo perpetuati ai danni di altri reagiscono per difendere la vittima, i ragazzi sono più avvezzi d un comportamento omertoso e complice. Le differenze comportamentali tra i sessi si acutizzano con l’età: meno evidenti, quasi nulle, nei primi anni di scuola, emblematiche del sesso di appartenenza durante il periodo adolescenziale.

Testi consultati:

- Franzoso, A. Ero un bullo. La vera storia di Daniel Zaccaro. Milano: Zanichelli, 2021 
- Tipping, N. Il bullismo, libro pop up.  Torino: Utet, 2020

Prof. Alessio Lodes
Pordenone (Italia)
email: prof_biblio_lodesal@yahoo.com