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Antropocene

Di Alessio Lodes

Il vocabolo  «Antropocene» (composto dal gr. avoponos, uomo», con l'aggiunta della desinenza «cene» che indica le epoche geologiche) è entrata in modo dirompente nel vocabolario comune. Nata in ambito scientifico, descrive un dato di fatto, oggi unanimemente riconosciuto: indica l'epoca geologica attuale, nella quale l'uomo è in grado di indirizzare e modificare tutti gli equilibri del pianeta Terra, siano essi climatici, chimici, geomorfologici, biologici.

Questa situazione è una novità per la Terra: mai nella sua storia di più di 4 miliardi di anni una sola specie è stata in grado di influenzare, da sola, le principali dinamiche del pianeta. E di farlo così rapidamente.

A noi uomini sembra a volte poco credibile questo scenario, ma è necessario rapportare i cambiamenti alle giuste scale temporali e spaziali. La Terra ha poco più di 4,5 miliardi di anni, l'ossigeno in atmosfera ha fatto la sua comparsa circa 2,5 miliardi di anni fa, i primi mammiferi risalgono a 200 milioni di anni fa e l'uomo (Homo sapiens) è comparso tra i 200.000 e i 300.000 anni fa.

Questi numeri sembrano realtà astratte, ma se tracciassimo una linea lungo questa pagina di 10 cm e assumessimo che questi 10 cm corrispondono a 4,5 miliardi di anni.

La comparsa dell'uomo

Fino ad ora si sono brutalmente compressi gli eventi che riguardano il nostro pianeta dalla sua origine, ma per comprendere meglio la storia dell'Antropocene è anche necessario ricordare l’ iter evolutivo cominciato in Africa circa 6 milioni di anni fa, che ha portato Homo sapiens a essere dove è oggi. Non è possibile in questa sede analizzare tutto lo straordinario cespuglio evolutivo della tribù degli ominidi. Ci sono però alcuni passaggi che indirizzeranno poi il corso successivo della storia: la posizione eretta, l'uso di utensili di pietra, il controllo del fuoco, l'aumento delle dimensioni del cervello e lo sviluppo della cultura. I ritrovamenti fossili raccontano bene che la posizione eretta venne raggiunta in Africa orientale, almeno 4,4 milioni di anni fa (i resti fossili di Ardipithecus ramidus trovati in Etiopia) e permise ai nostri antenati di spostarsi su distanze sempre maggiori. A circa 3,3 milioni di anni fa risalgono i primi utensili coi quali gli Ominini cominciarono a modificare, ancorché in modo modesto, l'ambiente attorno a loro. Circa 1,9 milioni di anni fa una nuova specie di Homo, Homo erectus (forse evolutosi da Homo ergaster), esce dall'Africa per la prima volta, e si diffonde in Eurasia. 

Probabilmente questa specie impara a controllare e domesticare il fuoco. Ci sono ancora discussioni sul momento in cui è avvenuto il controllo umano del fuoco, mentre vi è un sostanziale accordo sul fatto che questa capacità, oltre che facilitare una maggiore trasformazione degli ambienti, abbia permesso ai nostri progenitori di cucinare e cuocere le carni e quindi abbia favorito lo sviluppo di un cervello dalle dimensioni maggiori; non ultimo incise positivamente sulla cooperazione sociale, che è poi alla base dello situa co una cultura. Se chiedete a un biologo una definizione di cultura vi indicherà, in maniera riduzionisticamente semplice, la capacità di trasmettere informazioni da una generazione all'altra, evidenziando una caratteristica che comune a diversi animali. Nel genere Homo, tra i 700 e i 600.000 anni fa, compare una specie, Homo heidelber gensis, un cacciatore attivo ed efficiente, che dall'Etiopia si sposta, ancora una volta in buona parte dell'Africa e poi in Europa, dove dà origine a Homo neanderthalensis.

Verosimilmente circa 300.000 anni fa da un altro gruppo di Homines heidelbergensis uscì una specie nuova, Homo sapiens, che poi, in ondate successive, si spostò dall'Africa, e incontrò almeno altre tre specie di Homo: i nostri cugini Neanderthal, l'uomo di Flores e quello di Denisova, oltre forse a una specie (la cui sistemazione tassonomica è ancora aperta) nelle Filippine. Questi incontri poteranno drasticamente il cespuglio della varietà umana. Se da una parte sono certamente avvenuti degli episodi di ibridazione (così sembrerebbe raccontare una parte dell'analisi del genoma antico ma la storia non è sempre chiara nei dettagli), dall'altra Homo sapiens ha portato all'estinzione gli altri Ominini incontrati, in forza probabilmente di una più efficiente trasmissione culturale, cumulativa, e di un maggior grado di socializzazione.

Alcuni ipotizzano che questo cambiamento abbia come base biologica un minore livello di testosterone, altri anche un minore dimorfismo sessuale, altri ancora la competizione con altre specie simili. Comunque siano andate le cose (e probabilmente ci vorrà ancora molta ricerca per chiarirlo), Homo sapiens che circa 50.000 anni fa esce dall'Africa è un superpredatore efficiente, in grado do di spazzare via le altre specie ominine e di avviare i cambiamenti che porteranno poi all'Antropocene.

Un aspetto interessante di questa visione è che già con l'attuale stato di conoscenze possiamo affermare che due degli eventi che più hanno modificato la Terra (intendendo in particolare l'atmosfera e la superficie terrestre) e la sua dinamica sono legati all'interazione tra organismi viventi e il complesso di sostanze inorganiche. Secondo Hazen, infatti, la straordinaria varietà di minerali presenti sulla Terra è dovuta proprio all'azione degli organismi viventi, e a sua volta la varietà dei minerali ha contribuito ad aumentare la varietà degli organismi. La fotosintesi è il processo chiave che amplifica i due grandi movimenti evolutivi delle specie biologiche e dei minerali. La grande ossigenazione è avvenuta per l'azione congiunta di specie di batteri differenti. La situazione attuale, l'Antropocene, è invece caratterizzata dal fatto che una specie sola sta modificando i diversi equilibri della Terra.

Alla ricerca del «chiodo d'oro»

Nell'introdurre il concetto di Antropocene, è stato sottolineato da più voci che questo momento della storia deve essere inserito nella scala geologica del tempo, in quanto sarebbe un evento di portata tale da lasciare una traccia indelebile negli archivi della Terra. Ne consegue che stabilire un punto di inizio di questa epoca richiede l'utilizzo del modo di procedere della geologia.

Inserire l'Antropocene nella cronografia geologica significa dunque familiarizzare con il metodo di lavoro dei geologi stratigrafici.

Il sistema stratigrafico è un sistema gerarchico, nel quale la suddivisione principale è quella degli eoni,al cui interno si suddividono le ere, dentro a queste i periodi e all’interno dei periodi le epoche. Le metodologie per individuare i confini tra una fase e l'altra differiscono tra i vari coni, ma sostanzialmente oggi si basano sull'unione di una scala cronometrica assoluta, misurata in anni, e una scala cronostratigrafica formata dalle successioni degli strati delle rocce.

Vi sono differenze tra l'eone nel quale ci troviamo (che corrisponde più o meno alla fase Terra verde) e gli eoni più antichi. Per gli ultimi 500 milioni di anni abbiamo a disposizione molti più dati stratigrafici, fossili e chimici.

È quindi più semplice segnare con certezza e sicurezza il passaggio da un'epoca all'altra e da un periodo all'altro e così via. I geologi hanno proposto un criterio composito in cui la transizione da un'epoca all'altra è osservabile attraverso un marcatore presente nei sedimenti che sia correlabile ad altri sedimenti nel resto del mondo. I geologi chiamano questo marcatore «chiodo d'oro».

Idealmente un chiodo d'oro dovrebbe avere una serie di caratteristiche: 

a) deve essere facilmente accessibile,
b) deve essere consentita la ricerca scientifica nell'area in cui si trova, 
c) deve essere sufficientemente ampio per poter ipotizzare un accesso futuro (ovvero non deve esse-te a rischio di seppellimento), 
d) deve essere correlabile stratigraficamente con altre località del mondo, 
e) deve avere un orizzonte databile radiometricamente al suo li mite, 
f) deve mostrare caratteristiche tali che permettano di identificarne il limite in qualunque parte del mondo.

Naturalmente non sempre si riesce a soddisfare tulle queste condizioni, e il riconoscimento di un chiodo d'oro rispetto all'altro è ancora oggi oggetto di dibattito tra i geologi che se ne occupano.

Se osserviamo con attenzione una scala geologica del tempo è possibile rendersi conto che mentre esiste una sostanziale certezza su quando datare i vari passaggi da un'epoca all'altra, la linea che segna l'inizio dell'Antropocene è ancora dibattuta: per individuarla esistono diverse proposte.

Come vedremo, scegliere tra una proposta e l'altra ha anche un significato che trascende dalla stratigrafia e assume un peso politico non indifferente. Proprio per questo motivo vale la pena analizzare le ipotesi sul tavolo per decidere quale scegliere.

Si possono individuare 5 momenti cui corrispondono date diverse, candidate a rappresentare il chiodo d'oro di transizione:

1.    le estinzioni dei grandi mammiferi causate dall'espansione di Homo sapiens;
2.    l'avvento dell'agricoltura e la domesticazione degli animali;
3.    lo scambio colombiano;
4.    l'avvio della rivoluzione industriale;
5.    la grande accelerazione del XX secolo.

Quando osserviamo in dettaglio questi eventi vediamo che per alcuni di loro potranno essere individuate soglie storiche differenti (ad esempio per il passaggio dell'uomo da cacciatore-raccoglitore ad agricoltore-allevatore si ritrovano tre diversi momenti che potrebbero essere indicati come inizio dell'Antropocene.

Il primo momento in cui le attività umane lasciano un'impronta chiara sulla Terra sono le estinzioni della megafauna e degli uccelli inetti al volo che si sono veri ficate di pari passo con l'espansione di Homo sapiens nei continenti. Per quanto queste estinzioni siano documentate globalmente, anche se in misura non uguale nei diversi continenti, non sono facilmente sincronizzabili.

Le prime grandi estinzioni avvengono circa 50.000 anni fa. Homo sapiens emerge dall'Africa, come un cacciatore specializzato, che a mano a mano che si diffonde nel mondo non solo spazza via le altre specie del proprio genere, ma molti dei grandi mammiferi e degli uccelli inetti al volo. ci sono evidenze storiche che questo processo è avvenuto con precisione prima in Eurasia e poi nelle Americhe e in Australia. In tempi poco più recenti anche le isole (grandi come Madagascar o Nuova Zelanda, ma poi anche piccole) hanno sofferto la scomparsa di grandi uccelli inetti al volo o altri animali a causa dell'arrivo dell'uomo. In termini evolutivi la spiegazione è relativamente semplice: mentre in Africa (e in misura minore anche in Eurasia) le prede (i grandi mammiferi) e i predatori (Homo sapiens) hanno avuto modo di evolvere assieme per lungo tempo, e quindi di affinare rispettivamente le tecniche di fuga e di caccia, nelle altre terre, laddove le prede non hanno mai affrontato un cacciatore organizzato come Homo sapiens, questo equilibrio non si mantiene. Ecco quindi che scompaiono i mammut e i bradipi giganti, il diprotodonte e molti altri con loro. È stato un primo cambiamento antropico globale, diacronico e gravido di conseguenze importanti per quanto riguarda sia il clima sia l'indirizzo della storia umana successiva. Per contro, non è un evento che avviene simultaneamente ovunque e che lascia tracce stratigrafiche diacroniche valide per individuare un chiodo d'oro.

La seconda proposta è quella di far iniziare l'Antropocene nel momento in cui l'umanità impara scientemente a  domesticate piange ed animali. Come ha sintetizzato magistralmente  Jared Diamond questa svolta, complessa e per nulla scontata (soprattutto per la domesticazione animale), è avvenuta ovunque sia stato possibile, ossia ovunque ci fossero candidsati adatti per la domesticazione. 

Un'altra scuola di pensiero suggerisce di individuare nella collisione economica e sociale di vecchio e nuovo mondo, con la quale si avvia il processo di globalizzazione e interdipendenza dell'economia, il punto di inizio dell'Antropocene. La scoperta europea dell'America avvia un vero e proprio ciclone di trasformazioni, che qui possono essere sintetizzate: un cambiamento demografico enorme (stermi-nio dei nativi americani, avvenuto anche con l'introduzione di patogeni, e loro sostituzione con gli schiavi africani); un'economia pienamente globalizzata con un flusso di argento dall'America all'Europa e all'Asia, di merci dall'Asia all'America e di armi dall'Europa all'America e all'Africa; un rimescolamento di coltivazioni e di specie biologiche senza precedenti (il cosiddetto «scambio colombiano», in virtù del quale due piante simbolo della cucina europea di oggi, il mais e il pomodoro, provengono dall'America, mentre la vite viene coltivata anche in Cile e in Australia, i cavalli sono ovunque e i lombrichi europei hanno modificato il suolo nordamericano). In questo momento comincia un trend di grande omogeneizzazione biologica della biosfera.

Una traccia riscontrabile nella stratigrafia recente è quella rappresentata dalla diminuzione di anidride carbonica rilevabile nel ghiaccio antartico e nell'analisi degli isotopi del carbonio. La diminuzione dell'anidride carbonica è anche il risultato della morte di circa 50 milioni di persone in America a seguito degli europei, con la conseguente perdita di coltivazioni ricolonizzate dalle foreste.

Infine, si può parlare di Antropocene recente, riferendosi all'ipotesi che questa epoca abbia inizio alla metà del XX secolo, quando, dopo la Seconda guerra mondiale, l'economia compie un salto dimensionale enorme, come evidenziato di tutti gli indicatori demografici e socioeconomici. Aumenta esponenzialmente il consumo di risorse, aumenta l'umanità (che mia è stata cos’ numerosa sulla Terra), aumentano le emissioni di gas a effetto serra e il rilascio nell’ambiente di rifiuti di vario genere. Si avvia con decisione una sesta estinzione di massa, nella quale scompaiono, per causa antropica, centinaia di specie ogni settimana e non vi sono praticamente più aree sulla Terra in cui l’uomo non sia presente e non inneschi forti trasformazioni.

Anche per questo caso sono stati individuati possibili riferimenti stratigrafici che potrebbero rappresentare altrettanti chiodi d'oro. In questo caso si fa riferimento soprattutto al fallout nucleare, e in particolare al picco del 1964-1965 (rilevabile con precisione negli anelli degli alberi). Poiché nel 1963 venne siglato un Trattato per il parziale bando degli esperimenti nucleari, dopo qualche anno le tracce di fallout diminuiscono decisa-mente. E a fianco di questi chiodi d'oro da qui in avanti si sarebbero accumulati sedimenti che contengono evidenti tracce dell'azione antropica, come plastiche e microplastiche.

Testi consultati:

- Diamond, J. Armi, acciaio e malattie. Torino: Einaudi, 2014;
- Gore, A. Il mondo che viene. Milano: Riccoli, 2013; 
Hazen. R. M. Breve storia della terra. Milano: Il Saggiatore, 2017;
- Manzi, G. Il grande racconto dell’evoluzione umana. Bologna: Il Mulino, 2017;
- Morgante, M. I semi del futuro. Bologna. Il Mulino, 2020;
- Padoa-Schioppa, T. LA veduta corta. Bologna: Il Mulino, 2009.

Prof. Alessio Lodes

Pordenone (Italia)
Email: eliosdoc78@gmail.com